domenica 6 aprile 2014

Gli antichi vigneti di Baver sono salvi.

Trascrivo questo articolo del 27 marzo 2014 (pag.08) di Paolo Coltro tratto dal quotidiano "Il Piccolo"  che riporta una notizia buona: i vigneti storici di Baver sono salvi, nessuna ruspa li estirperà.

E' importante a mio avviso diffondere le buone notizie di battaglie vinte per la salvaguardia della natura, del paesaggio, della cultura e della tradizione. In questa nostra Italia piena di magagne, mettere in luce le azioni e i risultati positivi come questo di Baver e come quello di Barcon, infonde fiducia; le cose si possono cambiare ed i risultati si possono ottenere quando si hanno delle ottime argomentazioni da mettere sul piatto della bilancia.


TREVISO 
Stavolta i più veloci sono stati i funzionari della Soprintendenza. Più rapidi della Provincia, della Regione, del ministero delle Politiche agricole, perfino del presidente Giorgio Napolitano. 
Con un’istruttoria-lampo hanno salvato un vigneto storico che è una meraviglia del paesaggio a Baver, nel Trevigiano, vicino a Godega Sant’Urbano. 
C’è un provvedimento di vincolo che porta la data del 18 febbraio ed è un sospiro di sollievo, anzi una festa, per tutti quelli che “dal basso” hanno portato avanti una battaglia sentita dalla popolazione. 

Il Comune, con il suo Pat, aveva deciso di rendere edificabili quei tre antichi vigneti - condomini e strade al posto dei filari - pagando addirittura con 3mila euro avvocati per controbattere alle opposizioni. 
Ma questa non è solo la storia di qualcosa che finisce bene, è la storia di un inizio. 
Perché il provvedimento della Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici è il primo vincolo di questo genere in Italia: non difende solo un appezzamento, un’area agricola, ma il contenuto culturale di quella coltivazione, la sua tradizione di lavoro che è diventata insieme sapienza e paesaggio. 
È orgogliosa, nel suo andirivieni tra il ministero a Roma e la Soprintendenza a Venezia, Marica Mercalli: in un mese ha fatto tutto e con una relazione asciutta, puntuale e documentata, ha portato la pratica alla firma di Ugo Soragni, direttore regionale della Soprintendenza: il quale era stato il primo a dare l’input ed è stato felicissimo di firmare. 
Ma quel pezzo di carta che ferma i condomini ha un valore fondamentale proprio per il suo contenuto: non è un vincolo solo paesaggistico, ma cita espressamente il contenuto culturale di quell’angolo di Veneto, «un bene immateriale che non è facile difendere». 

La novità emerge anche dalla competenza: se ne è infatti occupata la Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici, non quella che tutela i beni architettonici e paesaggistici. Un passaggio importante. 
Dice Soragni: «Il Codice dei beni culturali ci offre un’ampia cartuccera, noi abbiamo applicato l’articolo 10, che al comma 3, lettera a, consente la tutela di cose mobili e immobili che abbiano un interesse etnoantropologico». Mica facile, perché i beni immateriali, come la cultura, con la u, agricola, le tradizioni, perfino le tecniche, per finire per esempio alle musiche popolari e ai racconti dei nonni, non sono oggetti fisici, passano di generazione in generazione attraverso gesti e pensieri. Di questo si occupa la Convenzione dell’Unesco del 2003, recepita in Italia nel 2007, ma l’applicazione non è facile. 

Scrive Mercalli nella sua relazione: «Più le tecniche sono elaborate, com’è il caso del vigneto Baver, più derivano dall’esercizio di abilità acquisite nel processo di scambio tra le generazioni. Questo processo alimenta e vivifica conoscenze locali e gesti del mestiere, rinnova nel tempo un “saper fare” che è espressione di un particolare stile di vita e che, una volta incorporato e condiviso socialmente, dà sostanza al patrimonio culturale di un territorio». 
E vediamolo, allora, questo vigneto, che in realtà sono tre con i loro suggestivi toponimi: Zhercol, Talpon e 

Talponet, un po’ in pianura e un po’ in declivio, a due passi dal borgo di Baver, che è a sua volta tutelato come bene storico per la sua fisionomia e per la presenza della chiesetta di san Biagio con affreschi del ’500, ruspanti e campestri come si deve. Le viti si estendono per quasi un ettaro e mezzo, 14 mila metri a “piantata trevigiana”, declinazione locale dell’antica “piantata padana”. Che vuol dire che le viti sono maritate, sposate ai gelsi, agli aceri e agli olmi: gli alberi davano sostegno e materiali per la vita contadina, legna da ardere e per gli attrezzi, cibo per i bachi da seta... Da vedere, poi, danno luogo ad un paesaggio affascinante, mosso da linee orizzontali e verticali, un tripudio di verde in primavera ed estate, una geometria tutta naturale d’inverno. Vuoi mettere, qualche chilometro più in là, i vigneti a paletti di cemento o di ferro che grondano prosecco industriale?
  
Le viti di Baver sono centenarie così come i più di cento olmi che si alternano alle piante: tutto documentato fin dal catasto napoleonico del 1811. E ancora: sono coltivate come una volta, a mano, la tecnica di potatura è antica, i “cai” si legano con il vimini, non si fa uso di disseccanti, il trattamento si fa solo con calce, rame e zolfo. Un altro mondo. Insomma, il concetto base è che «il vincolo parte dalla salvaguardia di questa cultura storica», come dice Mercalli. E chissà che chi ha orecchie per intendere intenda: anche nel meridione ci sono preziosi esempi di “vite maritata”. Ma il circolo virtuoso non si ferma qui: «Andiamo avanti – anticipa Soragni – applicheremo le norme del codice sulla cornice ambientale, tuteleremo con specifiche prescrizioni il territorio circostante», e questa volta tocca ai paesaggisti della Soprintendenza. 



L’aspetto più consolante è che la decisione di questa vincolo nasce dalla volontà di una koinè al contempo estesa e compatta: la Soprintendenza ha colto la volontà della popolazione, evidentemente poco rappresentata dal Comune e dalla sua volontà politica. E pensare che il sindaco leghista Alessandro Bonet, paradossalmente, ha una laurea in “urbanistica responsabile”... 
Per salvare i vigneti si sono mossi
  • l’associazione culturale del paese con un indomito Roberto Netto, http://www.baver.it/
  • Italia Nostra con Francesco Scarpis, 
  • il Wwf Alta Marca con Luciano De Biasi, 
  • la Fondazione Benetton Studi e Ricerche che ha inserito Zhercol, Talpon e Talponet nei suoi luoghi di valore, il professor Collodel che ha scritto a Napolitano, 
  • gli abitanti di Baver che hanno sommerso di email il Comune e organizzato feste in vigneto, 
  • i ragazzi della Forestale che hanno fornito alla Soprintendenza dati storici e ambientali, perfino una bibliografia lunga così. 
  • L’interrogazione in Regione del consigliere Pettenò. 
  • I sussurri al presidente Luca Zaia, nato da quelle parti. 
  • E poi la volata di Soragni e Mercalli, la vittoria di tappa. Ma il Giro d’Italia è lungo.

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